C’era una volta un uomo, classe 1924.
Gallocchio Plinio, nato a Correzzola in provincia di Padova.
Mio padre, come molti della sua classe, odiava il nero, non perché odiasse il colore, ma per il suo significato.
Oggi, nella giornata della memoria, è stata consegnata la medaglia d’onore alla sua memoria.
Durante la cerimonia, è stata raccontata una storia, una bella storia, quasi una favola. A chi non piacciono i racconti? L’arte dello storytelling è addirittura un mestiere.
Piacciono anche a me, ma ancora di più mi piace la verità.
Ed in questo caso, più che mai, è un dovere morale dirla.
Presumibilmente, nel 1943, mio padre, durante il servizio militare nel corpo “fanteria”, è stato arrestato e tradotto, insieme ad altri militari e, forse, al cugino Eliseo Gallocchio, presso il campo di internamento di Dortmundt.
Presumibilmente.
Un campo di lavoro a fianco al quale, non trovo prova che vi fossero campi di internamento femminili (chi era presente alla cerimonia capirà) ma sicuramente questi sono raccontati nei libri di storia.
In quegli anni di lavori “forzati”, indicibili fatiche e sofferenze, si nutriva di ciò che capitava, per lo più bucce di patate.
Come è ovvio che sia, nonostante ciò che è stato raccontato, non esistono foto di tutto questo. L’unica, scattata prima della prigionia, è quella che vedete qui sotto.
Ha ottenuto la liberazione, (o è riuscito a fuggire) nell’agosto del ’45.
Ritorna in Italia con mezzi di fortuna in uno stato di grave deperimento psico-fisico. Al ritorno al paese la cittadinanza lo accoglie con una vera e propria festa.
Mia mamma, sua moglie, classe 1934, lo ricorda ancora, lei allora, con 10 anni in meno, era solo una bambina. Non si conoscevano ma ricorda le urla nelle vie “è tornato Gallocchio, è tornato Plinio”.
“Era come vedere stracci che camminavano” sono le parole del suo racconto.
I compaesani donano cibo per far festa.
Plinio parte per Torino ed entra a lavorare in Fiat come magazziniere in Strada Del Drosso. Conosce mia mamma, Lauretta Capuzzo, e nel 1955 si sposano in quel di Gassino Torinese. Il loro viaggio di nozze li porta a Chivasso per un pomeriggio.
La guerra, le sofferenze sono solo ricordi di cui non vuole mai parlare… ma, al passare di aerei particolarmente rumorosi, capita che si tenga al tavolo.
Unica traccia visibile di un passato di paura e terrore.
Mio padre odiava il nero per il suo significato.
Cresciuto in una cultura tradizionalista e cattolica ha sempre ritenuto le donne esseri inferiori e non ha mai creduto nella parità dei sessi.
Non lo racconto per sminuirlo, ma per amor del vero.
Figlio di un epoca dove l’emancipazione femminile era concessa solo per portare a casa uno stipendio in più per il resto, le donne dovevano stare a casa e parlare solo con altre donne.
Mia mamma ha sempre lavorato, al G.F.T., prima a Torino e poi a Settimo Torinese.
Papà muore nel 1992 per un male allora terribile e, di nuovo, pieno di sofferenze.
Dieci mesi di malattia e diciotto giorni di agonia.
Oggi gli è stata conferita la medaglia di onore alla memoria su richiesta di un parente che ha disconosciuto, si è disinteressato dell’intera famiglia da ormai quasi 20 anni e della nonna in particolare.
Porta comunque il cognome Gallocchio.
Ha mostrato una indifferenza da cui si evince una assoluta mancanza di sentimento e attaccamento nei confronti dei suoi avi, e che lo rende assolutamente estraneo a quel cognome, ai suoi fatti ed eventi della vita. Un cognome che, quindi, porta per mera casualità genealogica. Un parente che ha firmato i documenti per il riconoscimento di questa onorificenza in nome e per conto di mia madre senza nemmeno renderla partecipe. A sua totale insaputa. Commettendo un falso ideologico, una dichiarazione mendace.
No, non voleva farle una sorpresa. Voleva escluderla.
Ma, si sa, il diavolo fa le pentole e non i coperchi.
Ho saputo, per puro caso, della cerimonia in programma per oggi ed ho quindi comunicato, a chi di dovere, che la moglie di Plinio è ancora viva e, per dovere morale, civico e storico, sarebbe stato per lei un onore poter ricevere la medaglia, dal puro valore simbolico, coniata in onore del marito. In fondo, diciamolo, anche se da bambina, la guerra l’ha comunque vissuta, non al fronte ma in una campagna di contadini non nella casa di ufficiali intoccabili.
Quella spilla, è in memoria di un uomo che si è trovato nel momento sbagliato, nel posto sbagliato come altre centinaia di decine di esseri umani. Non ha pagato con la vita ma con la sofferenza e cosi la sua famiglia.
Plinio non amava il nero delle divise. Non amava le divise per ciò che gli ricordavano.
La storia non si riscrive, non si cambia, soprattutto nel suo significato.
La giornata della memoria non è una giornata di sole celebrazioni ma di rispetto dell’animo umano, dell’essere umano, della persona, dell’individuo.
La giornata della memoria non può e non deve essere l’esteriorità ed il “pregio” di una spilla sul petto o semplicemente da ostentare per essere visto in non so quale graduatoria militare.
La Shoah è sentire queste atrocità vicine, possibili e non ripetibili.
Shoah è anche non dimenticare il passato, non dimenticare chi ci ha aiutato, chi si è preso cura di noi, fosse anche per cambiarci i pannolini e donarci “solo” carezze d’amore.
La Shoah è un sentimento vero e proprio che indica rispetto e risiede nel cuore e nell’animo più profondo.
Ma come si può avere un pensiero, un attaccamento, un sentimento per le persone del nostro passato quando non si ha rispetto, ricordo, umanità per le persone del presente?
Questo mio “parente biologico”, si è rifiutato di consegnare la medaglia a sua nonna, Lauretta, classe 1934, 87 anni a luglio.
Mio padre non amava il nero e nemmeno le divise, le temeva.
Oggi, giornata della memoria, mio padre, Plinio Gallocchio, è caduto prigioniero per la seconda volta, la sua medaglia è in mano ad un suo discendente che porta una divisa, una divisa nera.
Ha il possesso della sua medaglia, non del suo valore.
Auguro a questo individuo, prima o poi, di imparare cosa sia l’umanità ed il valore della famiglia e della divisa che indossa.
Un ringraziamento particolare alla Sindaca Elena Piastra, Carmen Vizzari, Gabriella Raisaro ed al Comune di Settimo Torinese tutto per aver permesso a mia mamma, Capuzzo Lauretta, di poter presenziare alla cerimonia. Grazie a nome mio e di mia mamma.
#giornatadellamemoria2021 #cerimonia #memoria #medagliadonore #soldato #fronte #prigionia #essereumano #sequestoeunuomo #pliniogallocchio #correzzola #padova #gassinotorinese #chivasso #settimotorinese #libertà #papà #militare #prigioniero